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Un pranzo nudista senza passare in lavanderia.

di Renaked
11/01/2025 15:26:33

Mi piace il mese di novembre, ci sono giornate che ti avvolgono con una luce morbida e l’odore delle prime castagne arrostite si percepisce nell’aria. Un sabato avevo invitato Luca, Matteo, Marco e Giovanni, che scherzosamente chiamavo i "quattro evangelisti della filosofia nudista", per un pranzo a casa mia. Ogni occasione per stare insieme si trasformava in una festa delle risate e della spensieratezza. Avevo deciso di preparare un pranzo semplice ma gustoso, qualcosa che celebrasse il comfort e il calore dell’autunno. Come antipasto, avevo scelto i crostini di polenta farciti con salsiccia e stracchino, poi tagliatelle fatte in casa con un ragù profumato che aveva sobbollito per ore e infine un petto di pollo al limone, leggero e aromatico. I ragazzi, come da tradizione, avrebbero portato vino e dolce. Non avevo dubbi che sarebbero arrivati con qualcosa di speciale. Quando suonarono alla porta, li accolsi con il solo grembiule e un sorriso. Erano già allegri, ognuno con una bottiglia o una scatola in mano. Luca aveva portato una Bonarda frizzante, perfetta per accompagnare il nostro pasto. Marco e Giovanni avevano trovato una spettacolare meringata, e Matteo, come al solito, si era occupato di strappare qualche fiore dal cespuglio di crisantemi del suo giardino per decorare il tavolo, sapeva che è un fiore che mi piace per la sua corolla piena di petali che ricorda il sole. Si spogliarono anche loro e il pranzo iniziò in un’atmosfera rilassata. I crostini di polenta erano un successo, il formaggio che colava appena e il sapore della salsiccia che abbracciava la polenta croccante. Ma proprio mentre Luca stava per addentarne uno, il crostino gli scivolò dalle dita e si spiaccicò sul suo petto, lasciando una vistosa macchia di stracchino. Ci fu un attimo di silenzio, poi scoppiammo tutti a ridere. “Ecco il vantaggio di una cena nudista!” esclamò Giovanni, con una teatralità da manuale. “Almeno non devi preoccuparti di smacchiare la camicia!” Luca, ridendo di gusto, afferrò un tovagliolo per ripulirsi e tutti annuimmo, concordando che sì, la vita nudista aveva anche questi vantaggi pratici. Da quel momento, però, la situazione prese una piega surreale. Forse per solidarietà, forse per puro spirito di gioco, Matteo, al momento delle tagliatelle, lasciò “accidentalmente” cadere una forchettata di pasta lungo il ventre. Giovanni lo seguì, dichiarando di voler “testare la temperatura del ragù” direttamente sulla pelle. Successivamente Marco, sempre il più teatrale, si rovesciò addosso una cucchiaiata di pollo al limone, fingendo che il piatto gli fosse sfuggito. Io, per non essere da meno, finsi di inciampare e mi rovesciai un po’ di vino sul petto, proclamando: “Almeno è un rosso che non macchia!” Le risate si susseguirono, a ondate, fino alle lacrime. Ognuno di noi, per ogni portata, aveva trovato un modo sempre più esilarante di “accidentarsi” con il cibo. Quando arrivò il momento del dolce, Marco si premurò di stendere un’abbondante cucchiaiata di crema della meringata sulla spalla di Giovanni, dichiarando che era “per ammorbidire l’atmosfera”. Alla fine del pranzo, eravamo un disastro ambulante, con tracce di polenta, ragù, crema di limone e meringa, ma anche di un’irrefrenabile felicità. Ci guardammo intorno, tra piatti vuoti e bottiglie di vino stappate, e Giovanni dichiarò solennemente: “Questo è il vero spirito della filosofia nudista: libertà, spontaneità e tante, tante risate.” Chiudemmo il pranzo con un brindisi collettivo, promuovendo ufficialmente il nostro gruppo a “gaudenti del caos culinario”. Poi, senza bisogno di troppe parole, ciascuno si diresse a turno verso la doccia, rituale necessario per riassestarci. Nessuno aveva bisogno di smacchiare vestiti e forse era questo il segreto della nostra allegria: vivere ogni cosa con leggerezza, senza complicazioni inutili. Fu un sabato che ricordammo a lungo, non solo per il cibo, ma per la gioia di essere insieme, liberi e felici, con il cuore nudo quanto il corpo.

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