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di Renaked 15/01/2025 00:10:28
Era un venerdì di inizio estate quando io, Marco e Giovanni arrivammo all’agriturismo naturista immerso nella campagna umbra. Dopo settimane di lavoro stressante, la vista di quell’oasi verde ci fece tirare un sospiro di sollievo. Campi dorati ondeggiavano al vento, ulivi secolari facevano ombra lungo i sentieri e in lontananza si scorgeva la cascina del fieno, che mi riportava subito ai ricordi d’infanzia. La struttura principale era un casale in pietra ristrutturato con gusto, con grandi finestre che lasciavano entrare la luce calda del tramonto. Ci accolsero Carlo e Teresa, i proprietari, una coppia cordiale che ci fece subito sentire a nostro agio. Dopo un breve tour della tenuta, ci accompagnò verso il nostro appartamento: semplice, luminoso, con un grande balcone affacciato sui campi. Il primo pomeriggio lo dedicammo a rilassarci nella sauna. La legna scoppiettava nel piccolo forno, diffondendo un calore avvolgente e il profumo aromatico del pino. Dopo la sauna, provai il famoso massaggio del fisioterapista dell’agriturismo. La sua tecnica era straordinaria: ogni tocco sembrava sciogliere tensioni profonde, portandomi in uno stato di relax che sfiorava il trascendentale. Quando mi alzai dal lettino, il mio volto era disteso e il sorriso scaturì spontaneo. Raggiunsi Marco e Giovanni nel grande prato con piscina davanti la struttura. Mi calai anche io in acqua, il bagno nudo è sempre una bella sensazione. La mattina seguente, ci immergemmo nelle attività proposte. Con un cestino in mano, raccogliemmo zucchine, pomodori e melanzane nell’orto. Lavorare indossando solo crocs era sorprendentemente terapeutico. Poi, passammo alla stalla, dove ci occupammo di accudire le mucche. Giovanni si affezionò subito a una di loro, che sembrava seguirlo con lo sguardo ovunque andasse. “Sarà perché sei nato sotto il segno del toro?” gli disse Marco. “No,” rispose Giovanni, “Ho timore che il motivo siano le corna che spesso porto!” Nel pomeriggio, durante una passeggiata, passammo davanti alla cascina del fieno. La costruzione era identica a quella di mio nonno, con la parte superiore appoggiata ad una collinetta da dove, attraverso un’apertura veniva incamerato il fieno e una piccola apertura inferiore per prelevarlo. Un’ondata di nostalgia mi colpì e senza pensarci troppo proposi a Marco e Giovanni di fare quello che facevo da piccolo con i miei cugini: tuffarci nel fieno. “Siamo sicuri?” chiese Marco ridendo, mentre Giovanni cercava di trattenere un sorriso complice. “Nessuno ci vedrà, fidatevi!” risposi, guardandomi intorno per assicurarmi di essere soli. Entrammo di soppiatto nella cascina. La vista dallo stretto ballatoio interno del mucchio di fieno soffice e dorato mi riempì di entusiasmo infantile. Senza pensarci due volte, ci tuffammo così come eravamo, nudi, nel fieno. La sensazione fu incredibile: il contatto ruvido e pungente con i filamenti di erba secchi contro la pelle ci fece ridere come matti. Il pulviscolo che si alzò creava un’atmosfera quasi magica, mentre il fieno solleticava ogni parte del corpo, a partire da quelle più sensibili. Restammo lì a rotolarci e a ridere, come bambini che infrangono una piccola regola con la consapevolezza di farlo solo per il gusto di divertirsi. Con le guance arrossate e il corpo che prudeva, uscimmo in fretta dall’apertura inferiore, cercando di non lasciare tracce. Una volta fuori, ci sdraiammo sull’erba morbida, ridendo ancora per la nostra bravata. Tra i capelli, tra le dita dei piedi e persino tra le natiche, ogni angolo del nostro corpo portava i segni della nostra avventura nel fieno. “Un po’ birichina come esperienza, eh?” commentò Marco, togliendosi un filamento di fieno tra i peli del torace. “Se ci pensi, è come un bagno nel fieno delle SPA, solo più autentico,” risposi, sorridendo. Giovanni annuì, guardando il cielo con un’espressione soddisfatta. Restammo seduti su alcune balle di fieno lì davanti ancora per un po’, godendoci il sole ancora raggiante, fino al tramonto. Forse il vero benessere non era solo nelle attività o nei massaggi, ma nella nostra amicizia: quella complicità fatta di sguardi e piccole “bischerate” che ci ricordavano quanto fosse bello essere vivi e insieme.